Invece, nel pomeriggio ormai un po' sfocato, sono emerse delle riflessioni, quasi un rigurgito amaro, a proposito di come fatti e misfatti esterni alla nostra vita intima riescano a influire sulla percezione dell'individuo verso le cose, in particolare quelle belle, e a modificarne l'intensità e il senso. Un distacco doloroso, nella vastità dello scempio perpetrato intorno a noi tutti. O quasi. Perché gli orchestranti, di questa malattia, non soffriscono minga.
Una delle passioni della mia vita, un tempo, era la musica. Uto Ughi un mito. Ci fece sognare, con il sospiro di chiusa della sinfonia beethoveniana alla Primavera... un attimo di sospensione pregno di vita, di quella gioia che rende affascinante l'universo intero. Non un frullo d'ali, nell'ambiente soffuso del Teatro Olimpico di Roma. E quel magico sospiro percepito nel silenzio assoluto, rese indimenticabile il momento. Mantengo vivi i ricordi ma non sento la voglia di andare...
La pittura... Tre giorni a Madrid, tumulata a girovagare sperduta tra i capolavori racchiusi all'interno de El Prado. Tanta meraviglia tutta insieme, da gustare con gli occhi sì, ma principalmente da introiettare nel fondo dello spirito, affinché mi potesse in qualche modo appartenere, parte di me, del mio eterno divenire. Uscendo, come stordita da quell’onda carnale, ho perfino battuto la fronte contro la vetrata, impeccabilmente pulita! Non mi sono nemmeno accorta che fosse lì! Si è prodotto un suono tanto forte che per un attimo intorno a me si attendevano che il vetro si incrinasse, come la fine di un istante perfetto. Invece no. Nemmeno la mia fronte. Miracolata da tanta bellezza!
Le arti tutte chiamavano e io rispondevo. Uscivo, andavo, partivo. Perfino un breve viaggio a Bruxelles, appena saputo che si aprivano i maestosi giardini delle serre reali belghe. Londra, Covent Garden, il Global Theatre in omaggio a Shakespeare, Stratford-on-Avon sì sì ci voglio andare... Kew Garden e le sue spettacolari aree verdi. Tutto mi attraeva.
Vivevo il desiderio. Il desiderio di essere parte manifesta di un Paese da poter dire con orgoglio Io Sono Italiana; in cui si poteva crescere respirando la magia tramandataci attraverso i secoli della nostra Storia. La nostra Storia, quella che ci doveva per sempre appartenere. Lo sviluppo di questa terra italica, la fatica, il sudore, il sangue di tutti i battitori di questo terreno, l'ingegno, la creatività sfrenata che a noi Italiani ci è sempre venuta sù dalle viscere, assorbita attraverso il latte e il rigoglio del territorio che per secoli ci ha visti nascere, morire e rigenerarci a più grandi e memorabili imprese. Qui da noi, i contadini, gli zappaterra sono stati memorabili con la loro durezza, umiltà e perseveranza. I carrettieri, gli acquaioli, mastri, allievi, teste calde, lazzari e lazzaroni, turchini e belle donne che si offrivano ai soldati che andavano alla guerra, come una missione, come un regalo.
Ciascuno, a sera, rientrando portava in casa, attorno al desco, una scintilla di umanità, pur nella disumana fatica. Portava il pane. Tutti contribuivano e tutti compartivano. Magari una mollica, ma doveva essere una per ciascuno. Anche i banditi che banditi non sarebbero mai diventati - se da lontano non fossero venuti a imporre una longa mano carica di false speranze, di chiacchere, di fumo, di ricerca di voti e di potere e personale arricchimento -, hanno combattuto battaglie memorabili, infangati e marchiati anche quando nel cuore erano solo difensori della terra. I “Libertadores” hanno fatto come Colombo coi Pellerossa. Perline per stordire e appropriarsi indebitamente dei territori dei nativi.
Che dire, poi, del mito delle Fiamme Gialle, la Divisa e l’Onore per Sempre, i Nei Secoli Fedele, il Corpo di Polizia, il Vigile incorruttibile che faceva la multa anche al signor “Lei non sa chi sono io!”. Avevi un problema di sicurezza, pensavi vado dai Carabinieri, alla Polizia. Oggi, potremmo dire la stessa cosa con la stessa anima sicura...? Io ci vorrei credere, perché i miti che crollano fanno troppo rumore. E fanno male. All’anima e al Paese intero. E ai figli dei figli per le prossime generazioni che non sappiamo nemmeno se arriveranno a due. Figuriamoci a sette. Il cuore dell’Italia è stato memorabile, nei momenti in cui ha saputo scandire i suoi battiti sull’amore per questa nostra Patria, la nostra gente. Nostra perché imbevuta di noi.Una ruota di mulino che porta acqua e non si secca.
Oggi non sappiamo dove siamo, dove saremo magari tra pochi giorni. Soprattutto, in quale forma mutante e tendenzialmente amorfoide ci stanno trasformando. Ah, ti senti Italiano? Eh no, intermulticulturalizzati, che sennò il cetriolo non ti passa per le stretto pertuso fituso! Si sbraita che viviamo in una Nazione a Statuto Democratico. Mììì, ca bedde parole. Vastase. Mentiras. Vaneggio o nutro seri dubbi anzi, certezze, che ci abbiano sprofondati in uno sporco regime in cui solo la merda galleggia? Noi, il niente, stiamo nel fondo, per fortuna, quasi quasi...
Oggi, temo di aver perduto l’innocenza di una vita sperata. Guardo un quadro, un bel tappeto, un arazzo e magari che faccio? Penso che ci si attacca la polvere. Sono come cieca al lievito vitale che li ha generati. Chiedo i danni a tutta la gentaglia che mi ha prodotto questo malanno. Mi hanno indebitamente sottratto il gusto del bello, quella luce che penetra nel cuore e fa nascere il sorriso negli occhi. Eppure sono viva, e alzo la mia voce, per tutti coloro che stanno muti, perché abbiano a sentirsi percossi dall’eco della necessità di tornare a essere NOI.
ViolaForever che mi torna la voglia di scrivere, e qua ci starebbe bene un libro marchiato a fuoco